Montatura del telescopio

La scelta della montatura del telescopio è molto importante. Essa sostiene il tubo ottico e consente di puntarlo verso l’astro desiderato. In questo articolo vedremo come orientarci nella scelta della montatura per il proprio, primo telescopio.

Lo strumento principale del Virtual Telescope installato su una robusta montatura equatoriale alla tedesca

Lo strumento principale del Virtual Telescope installato su una robusta montatura equatoriale alla tedesca

Nella puntata precedente, abbiamo accennato ai differenti tipi di telescopio, inteso come tubo ottico: rifrattori, riflettori e catadiottrici. Quale che sia il principio fisico su cui si basa la nostra ottica, essa andrà sostenuta da un dispositivo meccanico che ne consenta l’agile puntamento verso l’oggetto celeste d’interesse e il necessario “inseguimento”, dovuto al moto apparente della sfera celeste, indotto dalla rotazione della Terra. Esso è chiamato montatura.

Concettualmente, ogni oggetto astronomico si trova in una precisa posizione della volta celeste. Quest’ultima è assimilabile ad una superficie sferica: a noi sembra che tutti gli astri siano collocati su un fondale piatto, che ci avvolge a tutto tondo, di cui non percepiamo la terza dimensione, la profondità. Pertanto, così come accade sulla superficie terrestre, per descrivere la posizione in cielo di un dato corpo bastano due coordinate, indicative della direzione in cui si trova l’astro d’interesse. Ne consegue che la montatura dovrà consentire due movimenti, attorno a due assi, ognuno espressione di una di quelle coordinate, in modo da allineare il tubo del telescopio con la direzione desiderata.

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Nella pratica, siamo portati a schematizzare tutto questo in modo semplice: ad esempio, diciamo che il tubo può alzarsi o abbassarsi, oppure ruotare verso destra o verso sinistra e che, proprio combinando questi due movimenti, otteniamo il puntamento desiderato.

Se questo è il principio di funzionamento di una montatura, vi sono tecnicamente diversi modi per implementarlo, ciascuno – inutile dirlo – con i suoi pro ed i suoi contro. Vediamo di addentrarci un poco oltre. Qualità che, a priori, non dovrebbero mancare sono la solidità e la stabilità della meccanica: un’ottica eccellente, sostenuta da una montatura mediocre, non potrai mai sfoggiare le sue blasonate caratteristiche, oscillando al minimo tocco o colpo di vento.

Intanto, le montature astronomiche si dividono in due ampie categorie: altazimutali ed equatoriali. Esse si ispirano ai sistemi di coordinate più utilizzati nell’osservazione del cielo, ovvero il sistema altazimutale (detto anche orizzontale) e quello equatoriale.

Montatura altazimutale

La montatura altazimutale ruota parallelamente all'orizzonte attorno all'asse di azimut (verticale) e in elevazione attorno all'asse di altezza (orizzontale)

La montatura altazimutale ruota parallelamente all’orizzonte attorno all’asse di azimut (verticale) e in elevazione attorno all’asse di altezza (orizzontale)

In una montatura altazimutale, il tubo ottico del telescopio si muove parallelamente al piano dell’orizzonte (attorno ad un asse verticale, detto di azimut) e perpendicolarmente ad esso (attorno ad un asse orizzontale, detto di altezza). Si tratta della montatura più semplice e dall’uso più intuitivo: basti pensare che i comuni treppiedi fotografici sposano questo schema operativo. Questo ne fa una montatura molto diffusa, ideale per l’uso visuale, di facilissimo montaggio e trasporto. Spesso è anche la più economica ed equipaggia i telescopi più modesti, anche se esistono costose montature altazimutali di elevata qualità e capaci di sostenere tubi ottici pesanti, utilissime in certi ambiti osservativi più evoluti.

Un riflettore Newton installato su montatura altazimutale

Un riflettore Newton installato su montatura altazimutale

Un “limite” fisiologico della montatura altazimutale è che con essa, per tenere centrato il corpo celeste sotto osservazione, occorre agire su entrambi gli assi, attraverso movimenti micrometrici. Questo perché il moto apparente del cielo (il cosiddetto moto diurno), dovuto alla rotazione terrestre, coinvolge un asse diverso (quello terrestre, appunto) dai due considerati dalla nostra montatura. Questo rende il modello altazimutale poco idoneo, tra l’altro, all’astrofotografia e all’osservazione ad alto ingrandimento, a meno di adottare modifiche o accessori adeguati (motori su due assi, opportunamente controllati per erogare una velocità variabile, tanto per cominciare). Ricordiamo, però, che i massimi telescopi terrestri professionali utilizzano montature altazimutali, certamente più compatte e dal fattore di forma meno impattante nella progettazione di uno strumento di grandi dimensioni.

La montatura altazimutale è utilizzata, tra gli altri, nei telescopi dobsoniani, vocati all’osservazione visuale, grazie alla loro essenziale struttura, che consente di investire quasi tutto il budget disponibile nel diametro dell’ottica (a riflessione).

Montatura equatoriale

Una montatura altazimutale (a sinistra), può essere "equatorializzata" (a destra), inclinandone opportunamente l'asse verticale

Una montatura altazimutale (a sinistra), può essere “equatorializzata” (a destra), inclinandone opportunamente l’asse verticale

Se incliniamo l’asse verticale (di azimut) di una montatura altazimutale, rendendolo parallelo a quello di rotazione della Terra, otterremo una montatura equatoriale: il piano di riferimento non sarà più quello che comprende l’orizzonte, ma il piano che contiene idealmente l’equatore terrestre (o, meglio, la sua estensione al cielo, detta equatore terrestre). Questo nuovo piano sarà perpendicolare all’asse che abbiamo creato inclinando opportunamente quello di azimut: il nuovo asse sarà chiamato asse polare.

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L’altro asse, perpendicolare a quello polare, è detto asse di declinazione. Geometricamente, si può verificare che il piano equatoriale è inclinato, rispetto al piano orizzontale, di un angolo che è il complementare a quello che esprime la latitudine del sito osservativo. In altre parole, l’asse polare della montatura del telescopio forma con il piano dell’orizzonte un angolo pari alla latitudine del luogo. Ai poli geografici, una montatura altazimutale diviene spontaneamente equatoriale.

Una tale condizione di esatto allineamento consente di mantenere centrato l’astro sotto osservazione semplicemente facendo ruotate il tubo ottico attorno all’asse polare, a velocità angolare costante (pari a quella della Terra, ma con verso opposto). Questo lo si ottiene, ad esempio, con un motore passo-passo. L’operazione di allineamento dell’asse polare con l’asse di rotazione terrestre è detta messa in stazione.

Se è certamente possibile “equatorializzare” una montatura altazimutale mediante un cuneo opportunamente calcolato, è decisamente preferibile, per un uso evoluto, una montatura equatoriale nativa. Qui vi sono varie possibilità di scelta: le tipologie più diffuse sono quelle a forcella e alla tedesca.

La montatura equatoriale a forcella è particolarmente utilizzata negli strumenti catadiottrici commerciali, aventi un tubo corto. In essa l’ottica viene montata tra i bracci di una struttura vagamente a forma di U, agganciandola in un punto che consenta di bilanciare il tubo stesso. La montatura è abbastanza compatta e di buona stabilità e può consentire di osservare, senza interruzioni, un oggetto celeste dal suo sorgere al suo tramonto. Il puntamento nei paraggi del polo può essere, con taluni modelli, poco agevole. Anche qui, vi sono varianti di elevato livello qualitativo e costi proporzionati. Non pochi strumenti professionali hanno montature a forcella.

Schema semplificato di una montatura a forcella equatoriale

Schema semplificato di una montatura a forcella equatoriale

La montatura equatoriale alla tedesca è facilmente riconoscibile perché i suoi assi formano una caratteristica T e perché, opposta al tubo ottico, vi è una serie di contrappesi, necessari a bilanciare quello rispetto all’asse polare. Tale tipo di montatura è molto adatta ad ospitare telescopi rifrattori di focale medio-lunga, oltre che ogni altro tipo di strumento. E’ forse la montatura equatoriale più diffusa, sia  tra le entry level che tra quelle evolute. Le montature alla tedesca hanno, per così dire, un’area del cielo che risulta loro “critica”, quella nei paraggi del meridiano, il cerchio  massimo che passa per i due poli celesti e lo zenit: nell’attraversare il meridiano, il telescopio deve essere riposizionato, costringendo ad interrompere le osservazioni, per evitare l’urto del tubo con il treppiede. Alcuni modelli possono limitare o ovviare a questo inconveniente, che è “strutturale” e facilissimamente ovviabile, non certo indizio di scarsa cura costruttiva o modesta qualità.

Schema di montatura equatoriale alla tedesca. "Counterweigth" è il contrappeso

Schema di montatura equatoriale alla tedesca. “Counterweigth” è il contrappeso

La stabilità di una montatura equatoriale alla tedesca ben costruita è davvero notevole: non è un caso che siano di questo tipo alcune tra le più prestigiose montature per telescopi anche della classe del metro. L’ingombro, su tali dimensioni, è notevole, ripagato tuttavia dalle prestazioni. La messa in stazione di una montatura alla tedesca viene grandemente agevolata dalla presenza di un cannocchiale polare, alloggiato in modo naturale all’interno, cavo, dell’asse orario.

Quale montatura scegliere per il primo telescopio?

Molto spesso, con strumenti di modesto impegno economico, la montatura è già inclusa. I piccoli rifrattori vengono sovente proposti con un sostegno altazimutale, che ne consente un uso immediato ed intuitivo. Probabilmente, è una configurazione ideale per il principiante. A volte, la stessa ottica viene proposta – ad un prezzo un poco superiore – anche su una piccola montatura equatoriale, che offre il vantaggio di inseguire più facilmente l’astro osservato, se essa viene messa in stazione, almeno grossolanamente.

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Si trovano talvolta anche piccoli sistemi altazimutali con computer di puntamento e inseguimento integrati, che rendono l’uso davvero agevole; in un primo momento se ne può fare a meno, anche per prendere meglio confidenza con la sfera celeste e i suoi meccanismi. Per strumenti di modesto diametro, queste elettroniche pesano grandemente sul budget: meglio scegliere un telescopio meno evoluto elettronicamente, ma di maggior diametro e, perché no, di migliore meccanica.

Gli strumenti dalla fascia media in su possono trovarsi facilmente in combinazione equatoriale, anche se con i corti tubi dei catadiottrici viene spesso offerta una buona forcella montata in altazimutale, molto spesso computerizzata, che può essere trasformata in equatoriale con un’apposita testa equatoriale opzionale. Obiettivi da diametro di 100 mm in su meritano, a parere di chi scrive, un sostegno equatoriale, anche per un futuro impiego astrofotografico.

Occorre tener presente che lo stesso tubo ottico può essere montato su montature diverse; ovvero, si può acquistare una buona ottica, accoppiandola al principio con una montatura più semplice per poi, in un secondo momento, sistemarla su un supporto più capace. Insomma, se un domani decideremo di acquistare uno strumento superiore, potremo tenerne la parte più importante Questo consente anche un’utile gradualità di spesa: magari al principio si privilegia l’ottica, prendendo comunque una montatura sufficiente, e un domani miglioreremo quest’ultima con un acquisto più mirato.

Nel prossimo articolo vedremo come ottimizzare il nostro sistema telescopio, con qualche trucco per meglio sfruttare, a vantaggio dell’esperienza astronomica, la nostra ottica e la nostra preziosa montatura.

Avete domande o suggerimenti? Lasciate il vostro commento, grazie!

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